LE MARCHE, UNA REGIONE SOSTENIBILE. INTERVISTA A FRANCESCA PULCINI
Era ottobre del 2019 quando la prestigiosa guida Lonely Planet, il must have mondiale dei viaggiatori on the road, incora le Marche tra le mete da non perdere nell’anno a venire.
La regione del picchio, animale simbolo nel gonfalone, aveva infatti ricoperto il secondo posto nella classifica Top Regions – Best in Travel 2020. Si è trattato di un traguardo importante, che presagiva un futuro roseo sotto il profilo turistico. Poi, però, ci si è ben presto imbattuti nel Covid-19, un virus che ha cambiato il modo di viaggiare e di vivere i territori.
Quindi, verso dove stanno andando le Marche? Ne abbiamo parlato recentemente con Francesca Pulcini: una voce autorevole nelle regione in fatto di sostenibilità e per anni alla guida di Legambiente Marche.
1) Francesca Pulcini, nel pre-Covid le Marche si erano classificate al secondo posto tra le destinazioni da visitare nel 2020 secondo la prestigiosa guida Lonely Planet. Ma la “bellezza” non sempre si traduce in armonia sotto il profilo ambientale. Pensiamo al nostro Adriatico e prendiamo in mano l’analisi di Goletta Verde, la campagna Legambiente su mari e fiumi: nel 2022, su 12 prelievi campionati tra costa marchigiana e foci, ben cinque punti sono oltre i limiti di legge. Cosa non va nella nostra regione?
La bellezza non è sempre garanzia di successo sotto l’aspetto ambientale e punto di arrivo delle politiche territoriali. Le Marche hanno caratteristiche che la rendono straordinaria, ma da sole non bastano.
Siamo in una fase in cui sono richiesti molti investimenti per intercettare le importanti risorse all’orizzonte: pensiamo ai fondi del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) che potrebbero essere rilevanti persino per una Ricostruzione post Sisma che non passi solo attraverso l’edilizia, ma anche e soprattutto nella rigenerazione delle comunità.
Inoltre, il PNRR ci interroga sulla necessità di profondi lavori di innovazione, capaci di generare a cascata posti di lavoro e nuove economie.
In questo schema, l’ambiente gioca un ruolo centrale, ma – dobbiamo ammetterlo – molti attori in campo si tingono solamente di Green.
Non basta inserire nella propria promozione la parolina “recupero” o “riciclo” per dirsi davvero interessati alla sostenibilità. Il cambiamento parte da cittadini consapevoli, in un percorso trasversale. Non è una questione di marketing quindi, ma di struttura.
Nella nostra regione sono tanti i temi in sospeso.
Partirei da una diversa gestione della risorsa idrica, una necessità riportata alla luce dopo un’estate di forte siccità. Il ciclo integrato di questa risorsa va posto sotto attenzione ed è molto articolato, perché a livello idrico le Marche, come tante altre regioni, hanno parecchi grattacapi da risolvere. Mi auguro che vengano fatte quelle scelte necessarie e non più rinunciabili, capaci di rinnovare l’infrastruttura stessa. La rete oggi presenta troppe perdite. Per non parlare della fragilità del dissesto idrogeologico (l’intervista a Francesca Pulcini è stata fatta prima della grande alluvione che ha colpito le Marche, nel settembre 2022, nda).
Ma vediamo anche iniziative virtuose. A Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno, è stato creato il primo distretonomia civile, che sta portando al centro un’economia circolare che tiene conto dell’aspetto etico e morale, ponendo così l’uomo al centro del vero cambiamento.to dell’ec
2) Tutti abbinano sempre le Marche ad un turismo volano dell’economia locale. Questo movimento può davvero diventare sostenibile al 100%? E, rilancio: quando tutte le imprese del settore arriveranno a capire che essere sostenibili è anche quel valore aggiunto che diventa occasione per promuoversi e per far parlare della propria attività?
Ho avuto la fortuna di conoscere molti privati in grado di continuare con lungimiranza ad essere imprenditori – non c’è nulla di male in questa parola – muovendosi al contempo per azioni Green. Sono titolari d’azienda che hanno sentito la responsabilità di essere loro stessi educatori e accompagnatori di percorsi virtuosi di turismo ecosostenibile.
Dall’altra, però, c’è chi purtroppo ha seguito questa rincorsa senza capirne il significato profondo, che è fatto di formazione, di consapevolezza, di impegno.
Le Marche sono però fucina di buone pratiche.
Il turismo sta rappresentando un profondo cambiamento per gli operatori della nostra regione, dal momento che i turisti stessi si sono resi conto che la vacanza non è solo villeggiatura al mare ma riscoperta del territorio e della ricchezza dei suoi borghi.
Così, i piccoli paesi dell’entroterra sono tornati ad essere importanti per la salvaguardia del territorio: un Appennino presidiato riequilibra una regione che dopo il terremoto ha visto uno spostamento dell’80% della sua popolazione sulla costa.
Nelle Marche c’è interesse verso nuove forme di turismo, partendo dallo sviluppo delle ciclovie come infrastrutture leggere, ma c’è ancora da lavorarci.
L’ecoturismo può essere però elemento di tenuta sociale e richiamo economico.
3) Nonostante alcuni dati negativi, le Marche hanno un grande potenziale a livello ambientale e paesaggistico. Ricordo solamente le esperienze del Parco Nazionale dei Monti Sibillini o della Riserva Naturale della Sentina. La sensazione, però, è che le tante realtà siano spesso slegate tra di loro. O sbagliamo?
No, purtroppo è così. In Abruzzo la rete dei parchi ha una straordinaria gestione, che si traduce in una variegata biodiversità. Ma questa governance virtuosa nasce anche dal fatto che la regione ha un numero significativo di parchi nazionali, al contrario della nostra. Le Marche presentano un territorio coperto da un misero 10% di aree protette (0% quelle marine), molto meno rispetto a quel 30% che ci verrebbe richiesto dalle normative.
Serve quindi una guida che dia il giusto spazio e la giusta dignità a tutte le comunità territoriali, che saranno chiamate poi ad implementare e collegare tra loro le aree protette stesse.
4) Facciamo un cambio di riflessione e allarghiamo l’orizzonte. Due anni di Covid ci hanno riportato indietro di decenni in fatto di politiche ambientali. Come mettere di nuovo al centro le questioni a noi care?
L’illusione che si potesse uscire dal Covid più consapevoli si è presto dissolta. Inizialmente, nel dramma avevamo visto la bellezza nel riscoprire corsi d’acqua ripopolati da specie che non conoscevano o avvistamenti di animali selvatici vicino alle città. La natura si è ripresa gli spazi in pochissimo tempo. Ce ne siamo subito dimenticati.
Ma la cosa bella, oggi, è che nonostante tutto le tematiche ambientaliste non sono solo rilegate all’azione di poche associazioni, ma sono diventate centrali per tanti interlocutori e portatori d’interesse. La speranza è allora che tale attenzione venga portata con maggior vigore alla ribalta, perché dobbiamo trovare soluzioni a problematiche che richiedono un tempo velocissimo d’esecuzione.
5) Personalmente stai anche avviando un progetto proprio assieme a GoodCom. Ce ne vuoi parlare?
Volentieri e lo faccio sperando che l’esperienza che stiamo creando possa essere poi da stimolo ad altri.
Nel territorio dove vivo – San Benedetto del Tronto – c’è un privato interessato a fare una considerevole donazione di alberi, ma al momento manca uno spazio pubblico capace di accoglierli. In famiglia possediamo un terreno che è praticamente abbandonato e abbiamo pensato di metterlo a disposizione di questa donazione, trasformandolo in un luogo di piantumazione con un frutteto capace di creare biodiversità.
Ma il progetto non si ferma a questo. Coinvolgendo realtà come la Caritas, vorremmo che tale frutteto sia coltivato dai ragazzi delle associazioni stesse e che possa così diventare anche un’occasione di lavoro e di sostentamento.
Vogliamo essere testimonianza tangibile di come la sostenibilità passi da azioni di cittadinanza attiva: ognuno può e deve fare la propria parte per trasmettere buone pratiche.
6) Come vedi le Marche del futuro?
Non nascondo un pò di preoccupazione rispetto a quella che è la grande corsa che dobbiamo fare per adeguarci alle sfide che ci attendono. Per le Marche questa corsa è ancora più frenetica, perché il Covid ha messo in ginocchio una comunità già fortemente stressata dall’enorme ferita del terremoto.
Le Marche hanno bisogno di grandi cure, soprattutto la sua comunità. L’augurio è quello che nasca una rete in grado di lavorare all’unisono, capace di lasciare da parte rancori e negatività per mettere in sinergia tutte le energie positive, lavorando per un futuro che è già qui.